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"Oh ma...Tu ascolti Calcutta?!"

  • Nicolò
  • Mar 15, 2016
  • 2 min read

Solitamente inizia proprio così. All'inizio snobbi quel nome con un "non so chi sia" non facendoci nemmeno caso, poi inzia a rimbombarti nelle orecchie e nella testa e sei tu a chiederti "Ma chi è Calcutta?". Per non scrivere un poema epico ed annoiarvi, mi limiterò solo a inquadrare il personaggio in questione.




Edoardo D'Erme ha 26 anni, vive a Latina, Pomezia e ha fatto il Classico, precisamente il Liceo Classico "Dante Alighieri. Ai tempi era già parecchio originale e si distengueva dai suoi coetanei per la sua ribellione, perchè, come a tutti gli adolescenti, la città di provincia in cui si abita sta molto stretta. Il suo disco di successo è "Mainstream" un album dove Calcutta racconta il disagio che prova non solo verso la sua città natale, ma anche quello rivolto alla società che impregna le fondamenta di una città storica come Latina e di un amore finito, rassegnato. Insomma i pregiudizi messi a nudo.


Da quando sono arrivato a Milano è stato uno di quei nomi con cui mi sono dovuto scontrare molte volte. Mi dicevano tutto e niente di lui e più mi tartassavano con il classico " Dovresti ascoltarlo" , più mi innervosivo e glissavo sull'argomento. Era un misto fra curiosità e paura allo stesso tempo, quasi uno Spoiler di se stesso, temendo che le aspettative create da chi mi circondava fossero semplicemente un tutto fumo niente arrosto. Ho promesso a me stesso che non mi sarei fatto fatto influenzare dal parere altrui, che lo avrei ascoltato nel momento in cui mi sarei sentito pronto a farlo.


Quel momento è arrivato un lunedi' sera, dopo una giornata devastante a lavoro, la casa vuota e giusto due uova in frigorifero. Era quello il momento e senza pensarci troppo ho messo "Mainstream" su Spotify.


"Cosa mi manchi a fare" il titolo della prima canzone. Ammetto di aver pensato al solito cinico sull'amore, ma poi mi sono ricreduto. E' una disperata ironia di un amore ormai finito, una domanda che ci si pone alla fine, quando si capisce quanto ci ha fatto male quello che consideravamo l'amore della nostra vita,"Che cosa mi manchi a fare".


Primo disagio, ma vero. Si perchè cercando su internet ho capito quanto l'album fosse definito da molti "un intimo disagio" cantautoriale ed effettivamente si percepisce questo.


Il suono è intimo, profondo e scanzonato e questo accompagna perfettamente i testi, densi di tematiche sociali, un triste amore e il desiderio di solitudine. In "Frosinone" tocca l'apice con una canzone che diventa un inno alla libertà dalle cose materiali, un rifugiarsi in una solitudine intesa come un distaccarsi dalla vita sociale, un "ti giuro che torno a casa e mi guardo un film".

Resta in testa, cosi' come tutte le sue canzoni. Canta di una Milano intesa come una "corsia d'ospedale", descrive un amore finito con una limonata, agrodolce. Insomma se la prima impressione è quella che conta Calcutta si presenta in maniera più che positiva con un disco dalle tematiche hipster ma con un'evidente ironia. Insomma non so se ho risollevato o meno il morale del mio lunedì (non è un disco che sprizza allegria come avete intuito) fatto stà che ho aggiunto "Mainstream" ai miei preferiti su Spotify.


 
 
 

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