IL PRIMO CONCERTO DI CALCUTTA NON SI SCORDA MAI
- Martina Barazzutti
- Jul 25, 2018
- 4 min read

Io c’ero. Io e 20 mila persone. Non l’avevo mai sentito, Edoardo live. L'avevo mancato per un pelo a Milano la prima volta al Salone del Mobile dello scorso aprile, concerto a sorpresa alla Floristeria di Lambrate: bello arrivare e sentirlo rimbombare per strada, scoprire che stava realmente cantando e che non era qualcuno in macchina a tenere il volume troppo alto dello stereo, metabolizzando che di entrare non se ne parlava. Mancato una seconda volta al Miami Fest al circolo Magnolia, altra esibizione fuori scaletta e naturalmente la notifica “Evergreen grande sorpresa palco Pertini ore 01:30” ricevuta appena salita in macchina, distante mille mila metri dal Circolo è stata un fulmine a ciel sereno.
Ma insomma sapevo che Latina era assicurata. Con tanto di week end a Roma prenotato e organizzato da mesi e mesi. E alla fine il 21 luglio finalmente è arrivato. Un po’ di disagio causato dall’orario "fake" sul biglietto: 18:30.
Ma ad aprire il Concerto di Latina, sono saliti sul palco Mèsa, Francesco De Leo che con la sua “Un fiore per coltello” è piaciuto parecchio e al tramonto la palla è passata a Frah Quintale.
Alle 10 e ormai al buio, le luci si spengono, resta acceso solo il led sopra il palco. Uno sfondo rosso e un cuoricino bianco in mezzo. Il fumo inizia a disegnare nuvole in aria, il palco scompare per qualche secondo. Rullo di tamburi e suoni elettronici iniziano a rimbombare a cielo aperto nello stadio Francioni. Sullo schermo appare una scritta in stile macchina da scrivere, lettera dopo lettera si compone la descrizione anagrafica di un uomo, Edoardo D'Erme, in arte Calcutta. Dall’anno di nascita ad oggi. Buio di nuovo: il palco si accende e sullo schermo ora lampeggia sovrana una scritta intermittente: BENVENUTI A QUESTO CONCERTO. Con “Ti ricordi? Andavamo a passeggiare nei ricordi” Calcutta ha aperto la data di Latina, coerente con l’intro di Evergreen che si apre proprio con Briciole. Da lì è successo qualcosa che potrei paragonare all’apocalisse ma con accezione positiva: Kiwi e Orgasmo hanno emozionato e non poco, ma con Milano e Limonata la situazione ha iniziato a degenerare. Per non parlare poi di Paracetamolo: se già con le esibizioni precedenti era visivamente chiaro l’eccezionale lavoro grafico, con la Tachipirina 500 che se ne prendi due diventa mille Edo si è superato. E di tachipirine è stato come averne prese 10. Colori di ogni tipo, girandole tridimensionali sembravano prendere vita sul palco e col coro del “ti prego vacci piano che se mi stringi così, io sento il cuore a mille” il cuore l’abbiamo proprio salutato.
Senza nessun preavviso sale sul palco anche Tommaso Paradiso che duetta con Calcutta in Orsocopo. Calcutta vuole tenere le sorprese solo per i suoi 20 mila di Latina.
Comunque, veniamo a Hübner. Posso dire con assoluta convinzione che sia stato il pezzo più emozionante di tutto il concerto. Ora non per fare polemica (ma facciamola, dai), ho sentito tanta gente dire che con la storia di non lasciarsi a casa mai a consumare le unghie Calcutta fosse arrivato alla frutta. Poveri, che non capiscono. Altro che la frutta...con questa frase ha colpito e affondato l’idea di nervosismo e dolore mischiati insieme di chiunque resti solo ad aspettare qualcosa. Qualcosa che poi è quasi sempre Godot. La parte epica del pezzo, testo a parte, è stato il coro di voci. Quattro meravigliose donne hanno accompagnato vocalmente tutto il concerto, le cito qui ed ora perché in Hubner le loro voci sono molto accentuate e una parte della canzone lascia totalmente spazio a loro.
Poi era il turno di Bologna e del buon vecchio Gaetano e per restare in tema città luci soffuse e atmosfera malinconica per Frosinone, per l’ultimo dei moicani, per Papa Francesco, per lo svelto, la serie A e la libertà. Ma soprattutto per il ritornello e l’incredibile eco del “ti giuro che torno a casa e mi guardo un film ” e per il sentitissimo finale IO-MIO DIO-TI GIURO-CHE TORNO A CASA, NON SO DI CHI.
Dopo una rapida e necessaria ripresa e un giro di presentazioni e dovuti ringraziamenti agli ospiti, ai musicisti, ai tecnici e all’organizzazione, era chiaro che fossimo agli sgoccioli. Naturalmente per il gran finale si è tenuto la perla - unica mancante all’appello - e ha attaccato: "esco o non esco?" Pesto è impazzita e noi tutti con lei. Gli occhi e la botte che perde lì ho già citati quindi mi concentrerei - un’altra volta - sui disegni grafici che per questo pezzo erano dei veri e propri cartelloni pubblicitari in stile promozione supermercato. Lo stadio e le nostre 20 mila voci straziate hanno fatto da sfondo.
Caro Edo, (alla fine) il concerto è finito e io volevo ricominciare da capo. Te ne sei andato così, senza farci l’ultima perché di altre non ce n’erano. Sei stato un gran signore, un Artista vero di quelli che smuovono le cose dentro. Eri un pó preoccupato e invece sei stato strepitoso. Alle 3 stavo a Campo dei Fiori, nella casetta carina carina affittata per il week end. Nel letto passavo in rassegna da buona psicopatica foto e video della serata finché a un certo punto, mi sono addormentata di te.
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